Il valore di una riforma. Il Comando Elicotteri Interforze ________________________________________________________________________________ di Arrigo Arrighi, Aprile 2012

L’odierna analisi della minaccia ed gli orientamenti che essa assume fanno tramontare definitivamente l’epoca in cui ogni singola Forza Armata era in grado di concepire organizzare e condurre una campagna di guerra in completa autonomia. E’ dato assodato, pietra miliare dalla quale partire nel ragionamento.  Forse lo sappiamo tutti da tempo, ma è argomento che scotta, di difficile trattazione perché  si scontra con arcinoti campanilismi e miopi visioni, mascherate da coloro che in ambito interforze operano comunque con la prospettiva  di ricevere reali benefits che solo la Forza Armata d’appartenenza garantisce.


Guardiamoci attorno e limitiamo il campo di osservazione alle tre Forze Armate (la quarta è un Arma che ha assunto il rango di Forza Armata che comunque opera in un settore che per oltre il 90% è dedicato agli affari interni e le cui dinamiche e volumi organici sono quasi  totalmente avulsi  dal comparto difesa). Per limitare la trattazione preferisco riferirmi alla situazione che, da  48enne Ufficiale pilota d’elicottero dell’Esercito con qualche annetto d’esperienza e qualche giro per il mondo dietro le spalle,  forse conosco meglio, quella degli elicotteri militari.  

La tesi, volutamente provocatoria, che qui mi esercito argomentare è che nelle Forze Armate di oggi e di domani (di dopodomani non so) non ha senso approvvigionare, sostenere e, per larghi versi impiegare, tre distinte aviazioni a detrimento di principi universalmente accettati quali l’economia di scala e l’unicità di gestione di preziose e costosissime risorse. Il discorso si potrebbe facilmente ampliare anche ad altri settori d’intervento (i.e. sanità, amministrazione, commissariato, forze speciali, armamento ed equipaggiamento individuale, automobili di derivazione commerciale, etc), ma, come detto  è forse bene che in ognuno di questi campi si cimenti chi sicuramente ne sa più di me. Partiamo da un dato il più possibile oggettivo. Quali sono le capacità che esprimono le 3 Forze Armate che fanno riferimento agli elicotteri in loro dotazione, come li impiegano?

L’Esercito Italiano.
In campo elicotteristico militare l’Aviazione dell’Esercito  (AVES)  fa oggi la parte del leone, sia in termini numerici che  d’impiego. Parto, e mi si perdonino grossolane semplificazioni,  dalla dottrina a cui l’AVES fa riferimento primario. Essa ci dice che l’ala rotante è strumento che, in sinergia con altri, entra in gioco in tre funzioni operative fondamentali :  combattimento, supporto al combattimento e, in qualche caso,  supporto logistico al combattimento.
Nel combattimento, nello scontro frontale,  l’impiego degli elicotteri si realizza mediante operazioni aeromobili ingaggiando tridimensionalmente l’avversario, quale risultato sinergico del fuoco esprimibile da terra e dall’aria. Il combattimento può anche essere visto come risultato di un’operazione aeromeccanizzata condotta in profondità attraverso l’impiego preponderante di elicotteri da combattimento.  Tridimensionale, tuttavia, non significa che gli elicotteri sono i padroni del cielo, e appare evidente come la superiorità aerea locale sia frutto di vacui del dispositivo avversario, di situazioni del momento o di una complessa combinazione di capacità non esprimibili isolatamente dalla componente terrestre. In altre parole, la porzione di spazio aereo utilizzato per un’azione aeromobile / aeromeccanizzata va osservata in un più ampio contesto ove il potere aereo, inclusa la difesa aerea, potrebbe  giocare un ruolo fondamentale. Nelle rimanenti funzioni di supporto al combattimento e, per certi versi del supporto logistico al combattimento, si può parafrasare che siano e siano stati l’elemento costitutivo, il pane quotidiano dell’AVES sin dai tempi  dell’avvento dell’elicottero in quel che era chiamata Aviazione Leggera Esercito.  Elitrasporto tattico, elitrasporto logistico, esplorazione e ricognizione, evacuazioni sanitarie, ricerca e collegamento sono le più visibili manifestazioni di tale supporto. L’elicottero trasporta con flessibilità e ragionevole rapidità in campo squisitamente tattico e senza bisogno di aeroporti risorse umane e materiali espandendo il campo d’azione e visione del Comandante terrestre.
Ciò premesso chiediamoci allora quale di queste funzioni operative è svolta nelle operazioni ove l’AVES è oggi impegnata ed  è ragionevole che lo rimanga per almeno un paio di decadi.
Il combattimento, inteso nell’accezione tradizionale di guerra classica, di fatto (e per fortuna) non ha mai visto le Forze Armate Italiane impegnate dal dopoguerra a oggi; difficile ipotizzare che le vedrà in un futuro ragionevolmente prossimo, ciò anche in considerazione di quello che riportano autorevoli studi strategici, primo fra tutti il  NATO  Multiple Future.  Insomma, non è nuovo il concetto per il quale  il fine primo per cui le Forze Armate si modellano e si preparano non si avveri,  così com’è altrettanto garantito che modellarsi e preparasi per gli scenari peggiori pone automaticamente gli strumenti militari in grado di assolvere il compito in scenari di minor intensità, più permissivi o asimmetrici, come oggi vengono più comunemente definiti.

Sintesi?  Se la dovessi giocare ai dadi  …  scopro l’acqua calda se affermo che è ragionevole ritenere che si parlera’ in grande misura di supporto al combattimento; le operazioni aeromobili (o aeromeccanizzate), su larga scala, avranno difficilmente luogo. Tutt’al più si tratterà  di condurre limitate azioni (non certo operazioni) di pattuglie aeromobili che senz’altro rivestono straordinaria valenza nell’ambito delle situazioni operative, quali quelle dell’odierno fuori area, ove gli spazi e la minaccia prospettata dalle imprevedibili azioni degli insorgenti impongono la stipula di una efficace polizza assicurativa nelle mani di qualsiasi Comandante tattico che intenda risolvere, in brevi lassi temporali, situazioni intricate preservando al massimo l’integrità delle forze amiche.  Una credibile Quick Reaction Force è senz’altro armonica espressione di un unità composta da elicotteri e da unità di fanteria leggera che hanno acquisito la capacità aeromobile, che non siano cioè dei semplici trasportati ma che gli elicotteri  guidano, dialoghino e si integrino il più possibile in tutta le fasi dell’azione. 
Dunque l’Esercito e i suoi elicotteri cavalcano appieno le onde che oggi il mare propone e che, probabilmente e per alcuni anni, i danni collaterali della globalizzazione imporranno al contesto di alleanze in cui l’Italia si trova pienamente inserita. Gli assetti esprimibili sono imprescindibili laddove siano presenti sul terreno task forces a preponderanza terrestre. La capacità aeromobile acquisita nel tempo dalle unità dell’omonima Brigata va forse preservata, anche se più d’un occhio dovrebbe guardare con attenzione all’inesorabile declino degli elicotteri da combattimento che faticano a comparire nelle liste dei requisiti a lungo termine di alcuni Paesi leader dell’innovazione, perché surclassati, al pari degli aerei da combattimento, dai più che mai emergenti aeromobili senza pilota a bordo, sempre più in grado di fare analogo lavoro con certamente miglior rapporto costo/efficacia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Marina Militare
Ricordo quando in Libano, la sera prima di una serie di addestramenti concordati con un unità di superficie francese, mi fu comunicato – senza alcuna plausibile spiegazione – il diniego ad un addestramento che di lì a qualche giorno si sarebbe riverberato certamente utile per l’esecuzione del programmato volo celebrativo di rientro in Patria degli ultimi AB205 di UNIFIL che prevedeva lunghi periodi di sorvolo del Mediterraneo.  Il diniego in parola era firmato da un Ammiraglio e partiva da un ambiente interforze.  Preciso che la presenza di Ufficiali piloti di Marina nella mia Task Force ci aveva e ci avrebbe certamente facilitato il compito, non certo per acquisire capacità di appontaggio non richieste, ma sicuramente per condurre più efficacemente eventuali situazioni di emergenza.
L’aneddoto serva solo per far comprendere al lettore che gelosie di Forza Armata possono anche arrivare a scontrarsi con la logica. Non mi ritengo dunque un esperto, ma il concetto per il quale gli aeromobili imbarcati sono tutt’uno col sistema nave mi pare parzialmente  superato o certamente superabile.  Sono sistema e lo saranno certamente allorquando imbarcati, ma mi pare un alchimia arroccarsi su questo concetto,  sia per le considerazioni sui conflitti frontali già precedentemente tratteggiati, sia perché - di fatto - la Marina, anche se in scala limitata, ha già ripetutamente tagliato il cordone ombelicale tra elicottero e nave per partecipare a missioni in Iraq ed Afghanistan, impiegando i suoi elicotteri in maniera analoga all’AVES nella sua espressione di supporto al combattimento.  Trattasi certamente, per un pilota di Marina, di uso improprio dell’ala rotante ma, si fa di necessità virtu’, soprattutto laddove scarseggiano le risorse, i sommergibili da cacciare e grandi opportunità di supportare forze da sbarco.  Peraltro, un elicottero di Marina è piattaforma che va trasformata o modificata se si decide di impiegarla in supporto alle truppe; inoltre il numero degli aeromobili e degli equipaggi di Marina difficilmente garantisce la sostenibilità prolungata di una lunga missione fuori area. Rimane il fatto che l’elicottero è essenziale appendice di una nave, se non altro per ragioni di sicurezza, flessibilità d’impiego, di collegamento e trasporto.
  

L’Aeronautica Militare.
Tutti gli addetti ai lavori sanno molto bene che, storicamente,  gli elicotteri, in Aeronautica, sono sempre stati un po’ snobbati. Di norma i piloti che ivi confluivano erano ritenuti meno idonei di altri a espletare il loro servizio sui caccia. Ciò non significa che, al pari degli equipaggi dell’Esercito e di Marina, e forse anche più, non siano professionisti di prim’ordine, ma  è comunque esplicativo di una policy di Forza Armata giustamente più votata all’impiego dell’ala fissa, al conseguimento del potere aereo e , più recentemente, al trasporto tattico e strategico.
Gli elicotteri in Aeronautica sono stati prioritariamente impiegati in funzioni di collegamento e di Search and Rescue (SAR), ancorché quest’ultime  si siano progressivamente compresse per l’esiguità delle risorse, l’invecchiamento della flotta, la compressione dei reparti e il contestuale espandersi della presenza dei vari 118, Vigili del Fuoco e Guardia Costiera, etc. Per quanto attiene al Combat SAR è forse interessante notare che tale capacità, forse anche a causa della sua complessità, non pare sia stata mai protagonista di una singola operazione reale in oltre 20 anni di missioni fuori area.  Va comunque rimarcato che oltre al SAR e C-SAR la flotta ad ala rotante dell’AMI è impiegata per funzioni di scuola di volo e collegamento. Tranne pochi fortunati che varcano l’oceano per le scuole di volo statunitensi, la stragrande maggioranza dei piloti militari d’elicottero italiani ricevono le ali a Frosinone.
Anche gli elicotteri dell’AMI si sono talvolta cimentati nel fuori area,  ovviamente nella  funzione di supporto al combattimento;  conseguentemente emergono considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle espresse per  la Marina. 

Lo scenario, molto grossolanamente sopra descritto, mi porta ad affermare che ogni Forza Armata ha più di una ragione per rivendicare la necessità di dover impiegare elicotteri, ma non mi convince affatto sulla necessità di dover mantenere strutture d’impiego stagne, soprattutto laddove si possono realizzare enormi  economie di scala negli approvvigionamenti, in campo formativo iniziale e nella logistica manutentiva.
In tempi di profonda crisi già emerge, netta, la logica di una riforma sostanziale che, a titolo di provocazione, lancio a conclusione di queste mie riflessioni:

1) Creazione di una logistica dell’elicottero unica per le 3 Forze Armate con l’obbligo di mantenere in servizio la stessa tipologia base di aeromobili e scuola logistica unica per la formazione dei  tecnici;

2) Coesistenza della logistica di sostegno con quella di aderenza sullo stesso polo;

3) Scuola di volo basica unica, possibilmente co-localizzata con quella logistica, nella quale insistano 2 dipartimenti, terrestre e marittimo, per orientare il successivo impiego;

4) Transizione sugli aeromobili operativi e conseguimento della combat readiness direttamente a reparti di volo (mono o al massimo bi-linea), in modo da costituire poli/bacini d’utenza armonicamente distribuiti su non più di 5 o 6 basi sul territorio nazionale ed ovviamente proiettati all’assolvimento di funzioni operative specifiche.

5) Progressiva abolizione delle specialità di forza armata, loro armonica integrazione e contestuale alla creazione di un Comando Elicotteri Interforze delle Forze Armate Italiane.

In un epoca di cambiamenti epocali e di contributi di pensiero e condivisioni, finanche evocati da Ministri ea alte cariche dello Stato, concludo questa mia rozza  riflessione sul come provare ad andare oltre, ad avere coraggio e a superare assurde divisioni e arroccamenti di Forza Armata che suonano sempre più come un interminabile guerra fra poveri!