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I due maro'
Arrigo Arrighi martedi 12 marzo 2013

 

 

C’è chi mi ha chiesto cosa pensassi della vicenda dei due marò,  trattenuti per quasi un anno in India in attesa di giudizio e poi, con provvedimento a sorpresa del governo italiano, non rispediti al mittente nel corso della loro seconda licenza ottenuta in un così lungo periodo.


Il diritto internazionale (DI) è corpo normativo effimero. Esso è l’insieme di norme, trattati, carte (inclusa quella UN) convenzioni stipulati tra diversi Stati che dovrebbero impegnarsi reciprocamente al rispetto di tali norme. Ma, per funzionare, è di tutta evidenza che un sistema di diritto abbisogna di qualcuno che faccia rispettare queste norme e di qualcuno che sia in grado di giudicarne le infrazioni.

In sintesi non c’è Corte internazionale, né un poliziotti internazionali  in grado di far rispettare le regole di DI. Vero è che la Corte internazionale dell’Aia è riconosciuta da alcuni Stati, ma fra essi mancano alcuni fra i piu’ influenti (i.e. RUS, CIN, USA), o meglio il più influente che certo selettivamente sceglie come, quando e dove avventurarsi in attività di polizia internazionale.

Nel passato ci pensavano le guerre ed il Diritto Internazionale era redatto dalle potenze vincitrici. Ora, grazie a Dio, non piu’.

Ciononostante, è prassi sovranazionale riconosciuta che i militari all’estero (tanto più se in acque internazionali) si portino dietro quello che si chiama DIRITTO DI BANDIERA che, in sostanza, permette loro di essere giudicati dal sistema giuridico in vigore nel Paese che li esprime.


Questo è il motivo per il quale i piloti USA del Cermis non potevano essere giudicati in Italia, mentre la cittadina USA Amanda Knox si. E’ il motivo per il quale gli atti compiuti dai soldati italiani in Afghanistan, in Iraq, in Bosnia (o dove vuoi tu) sono giudicati dalla nostra magistratura (militare o non).
Se un indiano che è in Libano con UNIFIL fa fuori un Hezbollah mentre è in servizio viene catturato salla “sua” Military Police ed immediatamente esfiltrato. Certo l’India non lo si lascia giudicare da un tribunale locale.


Ecco perché’ quella nave non doveva neppure attraccare nel Kerala, folle (o sprovveduto) fu l’armatore che lo permise. L’India non aveva e non ha il diritto di giudicare atti compiuti per giunta in acque internazionali da soldati italiani ancorché presumibilmente condotti contro suoi cittadini.


Il motivo è semplice, molto più di quanto si creda. Il valore che è attribuito alla vita nel mondo non è assoluto.  Il valore della vita di Sarah Scazzi non equivale a quella di un bimbo somalo lanciato dai propri genitori sotto un mezzo UN affinché muoia (o meglio rimanga storpio) per guadagnare indennizzi.


Piaccia o meno è un dato di fatto ed è per questo che i perbenisti, sebbene spolettati da qualche esternazione politica, giornalistica o, peggio, di toghe o nostrane, dovrebbero evitare di scandalizzarsi se chi sparò a Calipari rispettò una consegna e, sono persuaso, non sapesse neppure chi fosse l’improvvida giornalista che si fece catturare e poi liberare coi soldi del contribuente!

Bene ha fatto il governo italiano. Real politik del nostro Stato che se pur assai tardivamente si è reso conto che non avevamo altra strada.